Inserimento attività associative tra quelle di interesse generale

Domanda: 

Siamo una associazione di volontariato Onlus di diritto. In previsione dell'adeguamento del nostro statuto - cosi come la Riforma vuole - siamo a chiedere se é possibile inserire tra le attività previste alcune che abbiamo la caratteristica di essere commerciali: corsi a pagamento, trasporti privati a pagamento, assistenza sanitaria ed eventi, ....
Avevamo la Partita Iva, che ci è stato poi consigliato di chiudere, e siamo sempre in difficoltà quando ci viene chiesta una fattura a seguito di una delle prestazioni sopra elencate. Per adesso lavoriamo con ricevute effettuate a seguito di una libera offerta del committente, ma questo comporta non pochi problemi.

Risposta: 

Le attività descritte nel quesito sono 'potenzialmente' (cioè, da verificare sulla base dei caratteri effettivi di erogazione dei servizi e del rapporto fra ricavi e costi sostenuti) commerciali se, nell'ottica della Riforma, non sono inseribili in una o più delle 'attività di interesse generale' di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 117/2017. Se, al contrario, alcune di queste rappresentano attività di interesse generale, sono 'potenzialmente' istituzionali (non commerciali). Salvo un approfondimento per ciascuna di queste attività, ad esempio, l'assistenza sanitaria, può rientrare fra gli 'interventi e prestazioni sanitarie' di cui alla lett. b) del citato articolo, mentre i corsi a pagamento possono essere strumentali per svolgere attività di "educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni" di cui alla lett. d) dello stesso decreto. I servizi, gli interventi e le attività che non é possibile fare rientrare nell'art. 5, devono essere inseriti in un’altra norma dello statuto riferita alle attività diverse (da quelle di interesse generale), previste dall'art. 6 del D.Lgs. n. 117/2017. La norma di legge prevede che tutti gli ETS (Enti del Terzo Settore) e, quindi, anche le organizzazioni di volontariato, possano esercitare attività diverse da quelle di cui all'art. 5, "a condizione che l'atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ... tenendo conto dell'insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto all'insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale". Certamente, se sulla base delle 'nuove' regole tributarie (relative alla qualificazione fiscale delle attività e alle imposte dirette) in vigore dal periodo d'imposta successivo alla istituzione del RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) e alla autorizzazione della Commissione europea o delle 'vecchie' regole fiscali' vigenti nell'attuale periodo transitorio, dovesse risultare che l'attività svolta dall'Associazione é di tipo commerciale abituale, la Partita Iva e la tenuta di una contabilità fiscale (sia pure in un regime forfetario o semplificato) risulterebbero necessari.

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