
Cosa significa oggi essere giovani e impegnati nel volontariato? Quale spazio reale viene riconosciuto alle nuove generazioni nelle organizzazioni? E come può il terzo settore rinnovarsi e accogliere nuove energie?
Da queste domande nasce “Perché ci siamo!”, il convegno promosso da Cesvot che si è svolto venerdì 26 settembre all’Innovation Center di Fondazione CR Firenze. L’iniziativa è nata con l’obiettivo di riflettere sulla sfida del ricambio generazionale e sul valore della cultura dell’ascolto come leva di cambiamento reale.
Dopo i saluti istituzionali di Luigi Paccosi, presidente Cesvot e Chiara Tommasini, presidente CSVnet, i lavori sono stati introdotti e coordinati da Paolo Balli, direttore Cesvot. La relazione di apertura è stata affidata a Carlo Andorlini, dell’Università di Firenze, che con il suo intervento dal titolo “Oltre la fatica del ricambio generazionale” ha offerto una panoramica sulle tendenze e i cambiamenti che attraversano oggi il mondo giovanile.
Al centro dell’evento, la presentazione del Manifesto dei giovani volontari, risultato del percorso portato avanti dal gruppo “Ci siamo!”, laboratorio che ha coinvolto quaranta giovani under 35 appartenenti ad associazioni del terzo settore toscano socie Cesvot. Un’esperienza di formazione, dialogo e networking che ha permesso di elaborare dieci punti programmatici sul ruolo delle nuove generazioni nel volontariato.
Il cuore del convegno è stato rappresentato dai tre talk moderati da Greta Pieracci, area comunicazione Cesvot, nei quali presidenti di associazioni toscane e giovani del Gruppo “Ci siamo!” si sono confrontati sui problemi centrali nel ricambio generazionale. Tra i maggiori punti emersi dalla discussione sul Manifesto dei giovani volontari, la richiesta di spazi reali di partecipazione: consulte giovanili autonome e riconosciute, presenza nei luoghi decisionali tramite "quote verdi" e percorsi di formazione che valorizzino tanto le competenze quanto la crescita personale. I giovani chiedono associazioni capaci di accogliere anche l’impegno occasionale, attente a un linguaggio autentico e aperte al confronto tra generazioni. Un volontariato che non si chiuda in sé stesso, ma costruisca reti tra realtà diverse e affronti con coraggio temi come diritti, sostenibilità, inclusione e benessere.
La conclusione dell’incontro, intensa e coinvolgente, è stata affidata a Enrico Galiano, scrittore e insegnante, che ha ricordato come ogni giovane porti dentro di sé una chiamata unica, una passione irripetibile che merita di essere ascoltata e coltivata. Ha sottolineato che il compito degli adulti non è imporre forme o modelli predefiniti, ma sostenere i ragazzi nel viaggio verso ciò che li rende autenticamente sé stessi, perché solo così, anche nelle imperfezioni e nelle fragilità, ciascuno può scoprire un senso vero e profondo alla propria esistenza. In questa prospettiva, il volontariato assume un ruolo centrale: non solo come occasione di formazione tecnica, ma soprattutto come esperienza capace di arricchire sul piano umano, sviluppare competenze e stimolare una partecipazione consapevole. A rendere possibile questo percorso è il dialogo tra generazioni, il confronto che valorizza chi ha esperienza e accoglie le nuove idee come motore del cambiamento, fondato sulla fiducia, sull’ascolto e sul coraggio di innovare insieme.
«Il futuro del terzo settore dipende dalla capacità di dare spazio e fiducia ai giovani. Non si tratta più di un’opzione, ma di un’urgenza: senza il loro protagonismo rischiamo di perdere energia, creatività e sguardo innovativo. Con questo Manifesto i volontari di Ci Siamo! ci ricordano che i giovani non sono comparse, ma attori indispensabili del presente e del futuro del volontariato», afferma Luigi Paccosi, presidente Cesvot.
"Stiamo attraversando un periodo di nuove ma esplicite richieste che ci arrivano dal variegato mondo giovanile. I giovani, in forme e modalità diverse, ci dicono che il lavoro non può essere più al centro della vita delle persone, che il tempo da dare al volontariato è temporaneo e in transito da una esperienza a un'altra, che lo spazio all'interno di una organizzazione ha necessità di essere più fluido, meno vincolante pur mantenendo tutto il suo valore e la sua importanza nella crescita di ognuno. Richieste queste che aprono a nuove possibilità di connessione tra giovani e organizzazioni. La vera prova che ci aspetta ora è allora sperimentare insieme rinnovate forme dello stare insieme" aggiunge Carlo Andorlini, Università di Firenze.
In termini assoluti, circa 65 000 volontari under 29 sono attualmente attivi in Toscana secondo le più recenti rilevazioni dell’Osservatorio sociale regionale, il 15% dei volontari regionali.
Le più recenti ricerche confermano che la partecipazione giovanile resta alta, anche se si esprime in forme nuove e meno tradizionali. I dati Istat mostrano però un indebolimento delle relazioni quotidiane: se nel 1993 il 28% degli italiani incontrava gli amici tutti i giorni, oggi la percentuale è scesa all’11%, con un calo ancora più drastico tra i più giovani.
Il Manifesto dei giovani volontari mette in luce tre dimensioni strettamente intrecciate tra loro: richieste, urgenze e desideri. Dai bisogni di nuovi modelli organizzativi più aperti e leggeri, alla domanda di rappresentanza e corresponsabilità, fino alle aspirazioni civiche e alla tensione verso il cambiamento sociale, emerge con forza la volontà di essere protagonisti del presente e non soltanto del futuro.
I punti del Manifesto
1. Spazi per esserci davvero
Chiediamo luoghi e momenti dedicati ai giovani nelle associazioni, dove incontrarsi, confrontarsi e costruire insieme. Spazi liberi da giudizi, inclusivi, vivi. Proponiamo la nascita di consulte giovanili per dar voce e forma alla nostra presenza.
2. Consulte giovani, riconosciute e autonome
Crediamo che le consulte giovanili debbano essere previste e riconosciute negli statuti, con ruoli chiari e potere reale. Serve autonomia nei percorsi e possibilità di eleggere i propri rappresentanti.
3. Quote verdi nei luoghi decisionali
Vogliamo contare anche dove si decide. Le "quote verdi" negli organi direttivi non sono simboliche, ma un atto concreto per investire sul futuro del terzo settore, riconoscendo chi è già attivo.
4. Volontariato che fa crescere
Formazione non solo tecnica ma anche umana. Il volontariato deve essere un'esperienza che arricchisce, sviluppa competenze e stimola la partecipazione consapevole.
5. Insieme tra generazioni
Crediamo nel confronto tra generazioni: valorizzare chi ha esperienza e accogliere le nuove idee è il motore del cambiamento. Serve fiducia, ascolto e coraggio di innovare insieme.
6. Parlare fuori
Immaginiamo un linguaggio autentico, chiaro e coinvolgente. Comunicare non è solo promuoversi, ma condividere senso e motivazioni. Serve un linguaggio che parli delle persone e delle loro storie.
7. Appartenenza che nasce dall’azione
Molti giovani si attivano quando sentono di poter fare la differenza. Le associazioni devono intercettare e accogliere anche questo impegno “occasionale”, dimostrando che c’è spazio per tutti.
8. Reti, non isole
Le associazioni non devono chiudersi in sé stesse. I giovani vivono relazioni fluide, reti aperte. Costruiamo ponti tra realtà diverse, locali e no, per condividere visioni, valori e azioni.
9. Connessi con il presente
Desideriamo associazioni che non abbiano paura di affrontare temi attuali come sostenibilità, diritti, inclusione, benessere. Temi che ci stanno a cuore e che rendono il volontariato più vicino al mondo che viviamo.
10. Volontariato flessibile e accogliente
Il tempo che possiamo dare è prezioso, anche se poco. Servono modalità di partecipazione flessibili, attività diversificate e uno sguardo aperto capace di valorizzare ogni contributo.