
Cosa significa oggi essere giovani e impegnati nel volontariato? E come può il terzo settore rinnovarsi e accogliere nuove energie?
Da queste domande è nato “Perché ci siamo!”, il convegno promosso da Cesvot che si è svolto venerdì 26 settembre all’Innovation Center di Fondazione CR Firenze. L’iniziativa, dedicata alla sfida del ricambio generazionale nel terzo settore, ha posto al centro la cultura dell’ascolto come leva di cambiamento reale.
Ma cosa chiedono i giovani volontari toscani nel loro Manifesto?
Tra le richieste primarie lo spazio per esserci davvero. Vogliono luoghi e momenti in cui potersi incontrare, confrontare e contribuire in modo autentico alla vita delle associazioni. Non chiedono un posto “a parte”, ma un posto reale, riconosciuto e valorizzato, dove la loro voce possa contare.
Chiedono consulte giovanili autonome e riconosciute, strumenti concreti per partecipare e decidere. Vogliono poter eleggere i propri rappresentanti, proporre idee, collaborare alla definizione delle scelte. E chiedono quote verdi nei luoghi decisionali, perché la loro presenza non sia solo simbolica, ma diventi una scelta di fiducia e investimento sul futuro del terzo settore.
Per i giovani, il volontariato è anche una palestra di crescita, non solo un servizio. Desiderano percorsi formativi che uniscano competenze tecniche e crescita personale, esperienze capaci di rafforzare la consapevolezza, la responsabilità e la partecipazione civica.
Credono nel dialogo tra generazioni: non vogliono sostituirsi a chi c’è, ma costruire insieme. Chiedono fiducia, ascolto e la possibilità di innovare, convinti che la collaborazione tra esperienze diverse sia la vera forza del cambiamento.
Chiedono inoltre un linguaggio autentico, capace di parlare alle persone più che alle sigle, di raccontare valori, emozioni e storie vere. Vogliono che il volontariato torni a essere comunicazione di senso, non solo promozione di attività.
Per molti giovani, l’appartenenza nasce dall’azione: si impegnano quando sentono di poter incidere, anche solo per un tempo breve. Per questo chiedono associazioni flessibili e accoglienti, capaci di valorizzare anche l’impegno occasionale, senza giudicare la durata ma riconoscendo il valore di ogni contributo.
Sognano un volontariato fatto di reti e non di isole, capace di collaborare con realtà diverse e di aprirsi al mondo. Vogliono sentirsi connessi con il presente, pronti ad affrontare con coraggio i temi che stanno a cuore alla loro generazione: sostenibilità, diritti, inclusione, benessere.
In sintesi, i giovani volontari toscani chiedono fiducia, ascolto e libertà di portare il cambiamento. Chiedono un terzo settore capace di rinnovarsi, di accogliere nuove energie e di costruire, insieme, un modo diverso di stare nella comunità: più aperto, flessibile, umano e vitale.
I punti del Manifesto
1. Spazi per esserci davvero
Chiediamo luoghi e momenti dedicati ai giovani nelle associazioni, dove incontrarsi, confrontarsi e costruire insieme. Spazi liberi da giudizi, inclusivi, vivi. Proponiamo la nascita di consulte giovanili per dar voce e forma alla nostra presenza.
2. Consulte giovani, riconosciute e autonome
Crediamo che le consulte giovanili debbano essere previste e riconosciute negli statuti, con ruoli chiari e potere reale. Serve autonomia nei percorsi e possibilità di eleggere i propri rappresentanti.
3. Quote verdi nei luoghi decisionali
Vogliamo contare anche dove si decide. Le "quote verdi" negli organi direttivi non sono simboliche, ma un atto concreto per investire sul futuro del terzo settore, riconoscendo chi è già attivo.
4. Volontariato che fa crescere
Formazione non solo tecnica ma anche umana. Il volontariato deve essere un'esperienza che arricchisce, sviluppa competenze e stimola la partecipazione consapevole.
5. Insieme tra generazioni
Crediamo nel confronto tra generazioni: valorizzare chi ha esperienza e accogliere le nuove idee è il motore del cambiamento. Serve fiducia, ascolto e coraggio di innovare insieme.
6. Parlare fuori
Immaginiamo un linguaggio autentico, chiaro e coinvolgente. Comunicare non è solo promuoversi, ma condividere senso e motivazioni. Serve un linguaggio che parli delle persone e delle loro storie.
7. Appartenenza che nasce dall’azione
Molti giovani si attivano quando sentono di poter fare la differenza. Le associazioni devono intercettare e accogliere anche questo impegno “occasionale”, dimostrando che c’è spazio per tutti.
8. Reti, non isole
Le associazioni non devono chiudersi in sé stesse. I giovani vivono relazioni fluide, reti aperte. Costruiamo ponti tra realtà diverse, locali e no, per condividere visioni, valori e azioni.
9. Connessi con il presente
Desideriamo associazioni che non abbiano paura di affrontare temi attuali come sostenibilità, diritti, inclusione, benessere. Temi che ci stanno a cuore e che rendono il volontariato più vicino al mondo che viviamo.
10. Volontariato flessibile e accogliente
Il tempo che possiamo dare è prezioso, anche se poco. Servono modalità di partecipazione flessibili, attività diversificate e uno sguardo aperto capace di valorizzare ogni contributo.
Foto di Federico Barattini