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Primi risultati della ricerca promossa da Cesvot e realizzata dalla Scuola S. Anna di Pisa

Negli ultimi anni, sia a livello nazionale che regionale, si va rafforzando la tendenza ad elaborare politiche che assicurino alla persona non autosufficiente la permanenza nel proprio domicilio ed interventi volti ad accrescere le possibilità di sviluppo psico-sociale della persona. Tale approccio trova però un limite naturale nella possibilità concreta di rimanere nella propria abitazione e poter contare sul sostegno delle persone vicine e ciò deve spingerci a domandarsi che cosa ne sia della persona disabile quando i familiari non siano più in grado di occuparsi dei loro congiunti.

Perché le istituzioni si propongano di affrontare il problema di che cosa ne sia della vita di un disabile dopo la morte dei genitori, occorre aspettare la legge n. 162/1998, la quale contiene un primo cenno ai servizi per i disabili gravi che rimangono privi del sostegno familiare. E’ poi la finanziaria per il 2001 (legge n. 388/2000) che, all’art. 81, stanzia finanziamenti per il sostegno di un programma di interventi, svolto da associazioni di volontariato con comprovata esperienza nel settore dell'assistenza ai soggetti con handicap grave, per la cura e l'assistenza di detti soggetti successiva alla perdita dei familiari. Ma l’attenzione sul tema è andata diminuendo in modo considerevole nell’ultimo decennio, insieme ad una costante riduzione delle risorse destinate al sistema di welfare, che rende più complicato organizzare attività specifiche, come aiutare i più poveri e disagiati.

Da parte sua la Regione Toscana ha dedicato un apposita azione relativa al “dopo di noi” nel Piano integrato sociale 2007-2010, introducendo delle specifiche linee di intervento che vanno nel senso di istituire comunità alloggio e case famiglia per cittadini con disabilità, senza nucleo familiare e sostenere esperienze di fondazioni di partecipazione costituite da soggetti pubblici e privati che integrino le risposte territoriali e garantiscano le risorse patrimoniali disponibili. Una attenzione, quella della Regione, che sembra troverà conferma anche nel Piano sociale e sanitario integrato 2011-2015.

anffas-spogliatoioIn questo quadro normativo, la ricerca condotta per conto del Cesvot – che verrà presentata il prossimo 11 novembre presso il Consiglio Regionale della Toscana ha consentito di portare alla luce il ruolo di assoluto primo piano che le organizzazioni di volontariato hanno avuto, e continuano ad avere, nella sperimentazione di risposte innovative per il cosiddetto “durante-dopo di noi”. Esse, pur con tutte le criticità legate alla scarsità e discontinuità di finanziamenti, sono apparse in grado, infatti, di interpretare i bisogni espressi sul territorio e mobilitare risorse, coniugando questi elementi con la capacità di dare risposte flessibili e dinamiche e di costituire reti importanti sia con altri soggetti privati sia con le istituzioni.

In questo senso le fondazioni di partecipazione, pur non rappresentando l’unica risposta che sul territorio toscano è stata data al tema, rappresentano senz’altro una esperienza significativa, nel territorio regionale e nazionale, che vede proprio le organizzazioni di volontariato agire quali volano di partecipazione civica locale e canale di raccordo e di confronto tra cittadini, decisori politici e amministratori, in vista della realizzazione di politiche solidaristiche.

Elena Vivaldi è ricercatrice presso la  Scuola Superiore S. Anna di Pisa.

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