Artemisia Lomi Gentileschi è stata una pittrice italiana di scuola caravaggesca. Nata a Roma nel 1593, viene violentata a 18 anni da un collega pittore, lo denuncia pubblicamente, ma non viene creduta subito… anzi, viene addirittura torturata per convincere il tribunale della verità delle sue denunce. Condannato, il suo violentatore non andrà mai in galera (graziato dal potere papale), e sarà anzi Artemisia a dover lasciare Roma girovagando tra Firenze, Venezia e Napoli, dove morirà intorno al 1655.
Il suo nome è diventato il simbolo delle donne che profanano con il loro talento ambienti solo maschili (la pittura, a quel tempo), che rifiutano di sottomettere la propria dignità, che conquistano la loro indipendenza, che lottano contro la violenza di genere. Se ci fosse una macchina del tempo, Artemisia tornerebbe certamente, a distanza di 400 anni, a fare da paladina dell’identità femminile e delle sue battaglie.
A portare avanti queste istanze ci pensa oggi anche l’associazione Artemisia.
ARTEMISIA– centro antiviolenza, è una associazione di promozione sociale impegnata nel contrasto ad ogni forma di violenza su donne, bambini e adolescenti e nella promozione dei loro diritti, primi fra tutti il diritto alla libertà, alla sicurezza, all’integrità.
Presente da oltre trent’anni sul territorio di Firenze e della Città Metropolitana, Artemisia informa e sensibilizza sul fenomeno per favorirne l’emersione, per costruire reti e collaborazioni e migliorare gli interventi a sostegno di donne e minorenni vittime di violenza e di adulti che hanno subito violenza nell’infanzia.
Partecipando ai coordinamenti regionali (Tosca) e nazionali (D.i.Re e Cismai) e in rete con il numero nazionale antiviolenza 1522, le professioniste di Artemisia sono esperte nella rilevazione della violenza e nella valutazione del rischio, nella progettazione di piani di protezione e di autonomia e nel trattamento del trauma, con servizi del tutto gratuiti, e la collaborazione di avvocate esperte in materia e del supporto di volontarie, tirocinanti e volontarie del servizio civile.
Da anni, Artemisia usa la pubblicità in modo molto appropriato, pulito e semplice, per parlare di un tema difficile, complicato e cupo. Da molti anni, Artemisia si pone il problema di dare visibilità ad un tema che - nonostante i secoli - continua ad essere relegato ai margini del dibattito sociale, anche se sempre sugli scudi, soggetto di una narrazione spettacolarizzata, e legata ai fatti di cronaca quasi quotidiani, ma comunque mai abbastanza affrontato e denunciato.
Una di queste azioni di pubblicità è il video del 2023 che si trova a questo link.
Penso sia opportuno rilanciarlo, non solo per l’argomento, e non solo per parlare del 25 novembre, Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne (proprio nella data in cui avvenne nel 1960 l’omicidio delle tre sorelle Mirabal, attiviste politiche dominicane) … mi fa piacere rilanciarlo soprattutto per l’uso dello strumento video.
Questo spot è infatti la dimostrazione chiara del fatto che quando c’è un’idea creativa, quando c’è il pensiero dietro all’immagine, non servono budget milionari (e neppure le migliaia di euro). Bastano alcune pennellate di rossetto fatte con un pc, testi scritti su fondo bianco (rossi e neri a definire chi sta parlando), una voce fuori campo per leggere la call to action e due loghi di numero.
Il video è tutto qua… le collaborazioni, le partnership, i sostegni, è tutta roba che arriva dopo, e con molto garbo: quello che arriva subito è la semplicità di un contatto, la chiarezza del messaggio, la definizione del target focus. Tutto infatti parla al femminile, dal rossetto al font del testo, al bianco ottico del fondale, al voice over, e però che serva ancora una campagna al femminile la dice lunga su quanta strada ci sia ancora da fare.
Quando pensate ad una campagna video, non preoccupatevi di quanto può costare. Se ricorderete di curare quel qualcosa che avete da dire, e se vi sforzerete di dirla bene, potreste scoprire che i soldi non sono un problema.
Alla prossima… e fate pubblicità.
P.s: su Wikipedia la voce Artemisia Gentileschi occupa oltre 5 pagine mentre la voce relativa al suo violentatore si conclude dopo poche righe.