La campagna del mese

La morte, la vita e il dono. Lo spot Aido

Eccolo, Bruno... Eccolo, lo spot che non sapresti davvero commentare, perché non sai che parole usare  (se non quelle del “tuo” mestiere). Eccoli, il tema della morte e della vita, il dono… Anche tu ti sei confrontato con quel dolore, con quella sofferenza, con quella grande consolazione, che non aggiusta ma almeno lenisce. Pensi di sapere come si fa a parlarne (da professionista della comunicazione); ma non è così, e non ti resta che descriverli.

Spot 45 secondi.
Una storia, un gesto e un logo. Niente di più.
Una casa, una stanza, una ragazza.
Della ragazza non vediamo il volto, ci viene data solo una percezione di semplice bellezza.
Un jeans che non le sta più, una delle tante cose che non dura per sempre.
Un jeans appoggiato a una spalliera.
Altra casa, uno specchio e una bimba: la bimba con quel jeans potrà vestirsi e crescere.
La bimba la vediamo tutta intera.
E sorride.
Logo Aido.



A dire il vero, è Aido - Associazione italiana donazione di organi che fa il mestiere difficile, promuovere la donazione di organi, e da tanti anni l’associazione è in prima linea nel far percepire l’assoluta importanza del gesto, usando correttamente anche la pubblicità. Solo la pubblicità, infatti, con l’immediatezza, la pulizia e la chiarezza della sua sintesi concettuale, riesce ad arrivare in fondo oltre la porta dell’indifferenza, dell’imbarazzo, del dolore stesso.

Nello spot da 45” (che va in onda dal 2010) il creativo ha utilizzato la prospettiva di un confronto tra organi da donare ed oggetti di vita quotidiana, oggetti personali che fino a ieri ti sono serviti, e che non ti stanno più. Quegli “oggetti” domani potranno dare vita a qualcun altro, potranno tornare ad essere vita.

La tensione emotiva di uno spot può essere davvero penetrante, ma tutto deve essere costruito alla perfezione: non ci possono essere sbavature, semplificazioni, mancanze (dalle luci alla regia, dalla scelta della location agli arredi, fino alla durata delle inquadrature sulle facce delle due protagoniste).

Tutto deve essere semplicemente perfetto, come a dire che certi temi non possono essere trattati in modo normale, che sono temi difficili, e che se non li tratti con perfezione tutto diventa banale, inadeguato, in una parola “non comunica”.

Questi temi si devono trattare secondo schemi semplici, con la magia di pochi secondi pieni di “tracce di verità”: un ciuffo biondo che nasconde un volto di ragazza, la leggerezza di un jeans appoggiato ad una spalliera, il sorriso di una bimba e su tutto la musica… la musica deve essere incredibile, profonda, sublime.

Dopo tutta questa carica emotiva, arriva anche il messaggio: nella fase finale, quando siamo tutti ancorati all’ascolto, e a ricordare il sorriso della bambina, per 10 secondi si vede solo il logo Aido in campo bianco. In un momento preciso del “racconto in musica” compare a destra (con la leggerezza di un fiocco di neve verde) il Numero Verde Aido. Lo spot, in realtà, è tutto qui.

Grazie Aido: questa volta le “mie” parole della comunicazione non servono davvero a niente.

Alla prossima, e… fate pubblicità!

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