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Parla Lucia Re, volontaria dell'associazione L'Altro Diritto di Firenze

Quella degli istituti penali minorili è una realtà di cui si sa e si parla poco. In Italia sono 17 e ospitano complessivamente 446 minori, di cui 231 sono stranieri, il 50% del totale. Le minori straniere sono il 25% dei non italiani. Per saperne di più abbiamo intervistato Lucia Re che coordina l'attività dei volontari dell'associazione L'Altro Diritto all'interno dell'Istituto Penale Minorile “G. Meucci” di Firenze.

Quanti ragazzi sono presenti nell'Istituto e quali reati hanno commesso?
Attualmente i ragazzi sono 20. La maggioranza di loro è sottoposta a misura cautelare. Molti restano in istituto mediamente un mese e mezzo: spesso infatti sono imputati di reati minori (furto, consumo e spaccio di stupefacenti). Nel caso di reati gravi, dopo un primo periodo di carcerazione, viene cercata una soluzione alternativa più idonea ad assicurare il reinserimento sociale. Ma la recidiva è frequente. Le imputazioni più gravi solitamente riguardano gli italiani che spesso finiscono in istituto solo dopo una prima condanna. I ragazzi stranieri, invece, tendono ad entrare in istituto come misura cautelare, anche se sono al primo reato. Per questi minori si tende cioè a considerare il carcere l'unica alternativa alla strada e non una extrema ratio.

Come è nato il vostro gruppo?
La nostra associazione opera nell'Istituto dal 1998. All'inizio il gruppo era composto esclusivamente da studenti di Giurisprudenza che avevano seguito i corsi del prof. Emilio Santoro. Il desiderio di fare volontariato in carcere nasceva dai nostri studi e dalla necessità che tutti sentivamo di promuovere un più ampio coinvolgimento della società civile sulle tematiche penitenziarie. Le condizioni di disagio sociale, disgregazione familiare e sofferenza in cui versavano (e versano) i minori detenuti ci hanno poi definitivamente convinte/i a mettere il massimo dell'impegno in questa attività.

Quanti siete e che attività svolgete?
Il nostro gruppo è composto da circa 20 persone, in maggioranza donne e giovani studenti, l'età media è di 24 anni. L'attività si svolge tre giorni alla settimana. Il gruppo si avvale anche di psicologhe e pedagogiste. Ma non mancano biologi, filosofi, operai, insegnanti di danza. L'attività dei volontari è suddivisa in laboratori che integrano l'offerta formativa dell'Istituto. Attualmente stiamo svolgendo 2 laboratori che uniscono il gioco alla riflessione: uno dedicato ai diritti fondamentali dei minori ed un altro alle dipendenze. Svolgiamo poi una lezione settimanale di scienze ed una di storia e attività di sostegno scolastico. Abbiamo inoltre costituito una biblioteca multietnica e realizzato un ciclo di letture e incontri con gli autori.

Nel 2009 - in seguito al suicidio di Yassine, un ragazzo marocchino detenuto nell'Istituto - avete scritto e resa pubblica una riflessione sullo stato della giustizia minorile in Italia…
Il suicidio di Yassine è stato terribile. Non accadeva dal 2006 che un minore si suicidasse in carcere. La sua morte ci è parsa il segnale di una situazione che, apparentemente calma, stava in realtà degenerando. Un minore come lui doveva trovarsi in carcere? A noi pare di no. Ogni sforzo di aprire il carcere all'esterno è continuamente frenato dalla mancanza di agenti, dallo scarso coinvolgimento delle persone preposte alla sicurezza, dalla burocrazia, etc. E poi c'è il problema della scuola che offre poco più di un'alfabetizzazione, senza contare gli episodi di autolesionismo, le violenze fra minori detenuti, la difficoltà ad accertare eventuali maltrattamenti. Un'istituzione detentiva non è strutturalmente in grado di porre rimedio a questo disagio. Servono altre soluzioni, ad esempio le comunità minorili.

Per ulteriori informazioni: http://www.altrodiritto.unifi.it/ipm/

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