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La campagna del mese

Pubblicità e ironia, maneggiare con cura

Nel 1971, una delle prima Pubblicità Progresso era dedicata alla donazione del sangue: il soggetto era un chirurgo, con la mascherina davanti alla bocca, che pronunciava la frase “C’è bisogno di sangue, ora lo sai!”. Tetra, paurosa, al limite dell’imposizione.
Circa 10 anni dopo, vedeva la luce la più bella campagna italiana (a mio parere) di pubblicità sociale, sempre sulla donazione, con l’attore Glauco Onorato (“L’ho fatto per Mario”). Leggera, assertiva, di grande empatia.

40 anni dopo possiamo davvero dire che  l’iconografia delle campagne pubblicitarie sulla donazione del  sangue si sia molto evoluta: ai classici elementi istituzionali si sono aggiunte gocce, cuori, testimonial, facce sorridenti, ragazzi e ragazze, grafiche moderne. L’argomento “donazione del sangue” è utile per analizzare l’evoluzione della pubblicità sociale, ed è sicuramente uno dei temi che più ha avuto dalla pubblicità stessa.

Questo mese analizzerò quindi una campagna per la donazione, che promuove (come tante) un calendario di donazioni da parte di uno dei tanti enti che sviluppano azioni di questo tipo. Vorrei sgombrare il campoda qualsiasi confusione: non discuto minimamente né il valore dell’ente, né la mission dell’azione, né il carico ideale ed etico che stanno dentro all’azione, ed alla pubblicità dell’azione. Ma proprio perché non li discuto, non posso condividere il trattamento creativo.

Facile, pretestuoso, falsamente ironico, difficilmente leggibile: l’accostamento tra sangue e vino, assolutamente evocativo  (pensate soltanto al calice della messa cattolica) è un esercizio di equilibrio, una parafrasi di cura dei dettagli, una iperbole che deve mantenere intatti connotati di serietà, ma che qui sinceramente non si vedono.

“Portace n’altro mezzo litro… de sangue” mi fa venire in mente “Lo vedi ecco Marino, la sagra c’è dell’uva.….”; dentro c’è tutto, l’amicizia, le scampagnate, le gite fuori porta, una certa leggerezza del vivere che solo noi italiani (i romani soprattutto) riusciamo a trovare anche nelle situazioni più difficili.
E allora mi sono spiegato il perché di questo soggetto, di questa headline, di questo fiasco di vino. Perché nella mente di chi l’ha ideata, con l’ironia ed il “clima da scampagnata” si superava l’effetto-rifiuto, si alleggeriva la pressione sul tema della donazione, si sarebbero dovute smitizzare tutte le difficoltà che ci fanno resistere dal diventare donatori.

Secondo me è un errore: ci sono molti modi per alleggerire, e 40 anni sono ormai passati dalla faccia del chirurgo che, nella sua durezza, cercava di convincere impaurendo; ormai il sangue si dona perché si deve, tante campagne pubblicitarie hanno sdoganato questi elementi, tante pubblicità hanno reso chiaro il gesto e assopito ( o forse anche divelto) le resistenze.
Questa campagna quindi è “fuori tempo massimo”. In più, pubblicizzando un calendario di donazioni lungo quasi 2 mesi, rischia di diventare “arredamento” del muro al quale rimane appiccicata per tutto quel tempo, e quindi di non essere più nemmeno attenzionale.

I consigli. Non realizzate mai locandine con calendari che superino i 20 giorni (nel caso in esame se ne potevano stampare due). Non scherzate più sulle donazioni per attrarre donatori; potrebbero essere allontanati da questi linguaggi troppo “facili” (a onor del vero, su questo versante ho visto anche di peggio).
In sintesi, dopo 40 anni non c’è più bisogno dell’ironia… del sangue ancora sì.

Alla prossima, e… fate pubblicità!!!

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