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La storia di Daniela e dell'Associazione Pisana Amici del Neonato che in 19 anni ha ospitato 2.000 mamme di nati prematuri

L’Apan - Associazione Pisana Amici del Neonato è nata nel febbraio del 2000 a opera di un gruppo di genitori, sostenuti dal personale medico e infermieristico dell’U.O. di Neonatologia dell’Ospedale “S. Chiara” di Pisa. L’attività dell’associazione è tesa a sviluppare la consapevolezza e l’aiuto attraverso attività di formazione dei volontari che operano con le famiglie, ma anche attraverso la promozione di un cambiamento culturale rivolto alla presa in carico dell’intero nucleo familiare. Per rispondere ai lunghi tempi che le madri devono trascorrere fuori casa, per essere vicini ai loro figli durante la degenza, l’associazione ha anche realizzato la casa alloggio, “L’Isola che c’è”.

Come ci spiega Daniela Cecconi, la presidente dell’associazione “in essa vi operano un’operatrice specializzata che cura l’accoglienza e la gestione della casa, due assistenti sociali, una coordinatrice del progetto e referente per le istituzioni, un’altra che segue l’accoglienza, il sostegno, i percorsi di aiuto attraverso l’accompagnamento delle famiglie e gli interventi in reparto, una counselor per gli interventi terapeutici. Le madri ospiti hanno vitto, alloggio e assistenza totalmente gratuite.

Dal 2000 a oggi la casa alloggio ha potuto ospitare circa duemila donne. La maggior parte di esse di provenienza toscana, ma non solo. Capita che il parto prematuro avvenga quando sono in vacanza o che siano donne migranti in transito per altre destinazioni”.

Daniela è lei stessa madre di due bambini nati prematuri e una delle prime madri ospitate nella casa. Nel 2002 ha avuto un parto gemellare alla trentunesima settimana di gestazione. Il primo figlio Vanni è nato morto e la figlia Luna è rimasta ricoverata per i cinquanta giorni successivi alla nascita nel reparto di neonatologia dell’ospedale Santa Chiara di Pisa tra i reparti di terapia intensiva e quello di sub intensiva.

Di quel periodo ricorda molto bene le emozioni e il disagio “di quel reparto conservo il ricordo della tristezza che mi assaliva nel vedere la gioia, i complimenti e i fiori che ricevevano le altre madri. Per me, madre a metà, niente gioia, né complimenti né fiori ma un elenco di appuntamenti: con il tiralatte, per vedere mia figlia e per fare domande ai medici. Essere ospite della casa alloggio ha significato non sentirsi sola, ma protetta e consapevole di condividere uno stesso percorso insieme a tante altre madri che parlavano la stessa lingua”.

“Vivere in una casa alloggio – prosegue Daniela – vuol dire anche sfruttare al meglio tre volte al giorno la preziosa risorsa che è il tiralatte. Una cosa tanto importante per tua figlia che può avere il tuo latte”.

A distanza di anni si ritiene fortunata di esser potuta entrare nel percorso dell’associazione Apan e di aver potuto trascorrere i primi cinquanta giorni di vita della figlia nella casa alloggio tanto più che oltre alla prematurità, Luna ha rivelato molto presto patologie ben più gravi e invalidanti.

Oggi a Daniela è rimasta l’Apan di cui è diventata presidente ma anche “un mondo fatto di lavoro, tempi da conciliare, visite neurologiche, fisioterapisti, Asl e tanto altro. Bisogna correre sempre. Per farlo al meglio mi sono comperata un paio di scarpe da ginnastica per non lasciare nulla al caso. Oggi non mi sento più mamma a metà, ma una super mamma di una bambina veramente speciale”.

In alto foto di Maurizio Bergianti, progetto Fiaf Csvnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano".

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