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Come in molte province della nostra regione, anche a Livorno si assiste ad una costante crescita delle associazioni di volontariato (al momento nella provincia livornese sono 294) ma al contempo molte associazioni lamentano la mancanza di nuovi volontari, soprattutto giovani. Possiamo forse ipotizzare che il tessuto associativo “classico” fatica ad intercettare le nuove forme di partecipazione e aggregazione?

Sempre più spesso, infatti, si rivolgono alla Delegazione gruppi di persone che chiedono informazioni sulle modalità di costituzione “formale” di un'associazione, persone che in molti casi sono state coinvolte nel processo partecipativoCisternino2020”, attivato nel 2008 ed ispirato alla L.R. 69/2007 (legge sulla partecipazione).

Al progetto - nato per decidere la destinazione d'uso del Cisternino, un antico edificio della città - hanno partecipato associazioni, gruppi informali e singoli cittadini. Da questa esperienza sono nate realtà molto attive e partecipate, spesso promosse da gruppi di giovani, come ad esempio Appl-Assemblea Permanente per la Partecipazione Livorno, Rca-Rete Cittadina Autoregolamentat, LAbLab.

Nuove realtà associative che de facto propongono un concetto di solidarietà olistica che tende al superamento dei recinti del disagio, secondo categorie tradizionalmente intese (handicap, immigrati, donne maltrattate, ecc.). La finalità perseguita è il contrasto alle marginalità attraverso l'attivazione e la diffusione di pratiche ed esperienze, come l'economia solidale, la decrescita, la sobrietà, la reciprocità degli scambi e delle relazioni, ecc.

Sono visioni di uno sviluppo diverso, orientato alla filosofia del Buen vivir, ispirato ai principi di rete, autoregolamentazione, pluralità, modalità orizzontali dei processi decisionali. Sulla base di questo approccio, ad esempio, si sta realizzando, con il sostegno di Cesvot, un corso sull'economia solidale promosso dalle associazioni Don Nesi/Corea, Eco-mondo e Progetto.

Queste realtà talvolta fanno fatica a rappresentarsi in canali tradizionali, ad utilizzare schemi associativi classici. In alcuni casi hanno difficoltà a percorre strade e forme organizzate, ritenute costrittive e spesso generatrici di sistemi autoreferenziali.

E' evidente una sorta di inconciliabilità di fondo tra queste dinamiche 'fluide' e le associazioni di volontariato più 'tradizionali'. Tuttavia, le prime sono spesso promosse da gruppi di giovani che propongono un modo nuovo e diverso di 'fare' e 'partecipare', di vivere lo spazio pubblico; mentre le seconde tendono ad offrire ai cittadini servizi concreti e di 'prima necessità' e, grazie anche alla loro struttura, a radicarsi più facilmente nel tessuto sociale, garantendo solidità e continuità nel tempo.

A questo punto sorge spontanea una domanda: è possibile pensare e ripensare, in modo critico e condiviso, certe forme e modalità di “fare volontariato” e arrivare ad una reciproca 'contaminazione' di visioni e pratiche nell'interesse del “ben-essere comune”?

Emanuela Di Falco è segretaria della Delegazione Cesvot di Livorno.
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