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width=300Cosa rappresentano, oggi, per i volontari, le loro associazioni? Ricordo che avevo 17 anni quando iniziai a frequentare la Croce Verde di Viareggio con la contrarietà della mia famiglia, terrorizzata al solo pensiero che salissi in ambulanza.

La Croce Verde di Viareggio era uno dei luoghi di aggregazione per eccellenza, era una importante comunità cittadina, un luogo di relazione e di formazione. Era connotata culturalmente e politicamente, rimandava alla sinistra, alla laicità, il fascismo l'aveva chiusa destinando i suoi beni e la sua sede alla Croce Rossa.

E' lì che sono cresciuto, in quel luogo che era prima di tutto una “casa” con una forte identità storica, culturale e politica. E questa “casa” aggregava persone che svolgevano anche “azioni volontarie”.

Oggi, a distanza di molti anni, sono convinto che il mio legame con la Croce Verde sia proprio figlio della sua antica e forte identità. E' questo il motivo principale, la “causa”, del mio indissolubile senso di appartenenza. Quando il 19 giugno scorso c'è stata la strage di Viareggio, la Croce Verde è stata la mia seconda drammatica preoccupazione, dopo mio figlio.

Rappresentano ancora questo le associazioni per le persone che le frequentano, oppure prevale una dimensione del servizio che è sufficiente a sé stessa? Una recente ricerca sulle tendenze del volontariato conferma che si sta consolidando un nuovo fenomeno, quello della “pluriappartenenza” dei volontari. Le persone cioè prestano il loro tempo a diverse associazioni. Un fenomeno interessante ma rischioso.

Il fenomeno della pluriappartenenza non indebolisce l'adesione ideale ad un progetto? Quanto incide, allora, nella vita associativa, la dimensione politica? E' assente o si svolge con modalità “altre” che spesso non riusciamo a decodificare e comprendere?

Mi piacerebbe sapere il vostro parere.
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